Notificazione via PEC a P.A. – Utilizzabilità Registro IPA
A quanti è capitato di notificare a mezzo pec un ricorso all’ASL ed apprendere in giudizio che la notifica era nulla? Quanti hanno messo in esecuzione un titolo nei confronti di una P.A. ed hanno notificato il precetto, sempre via pec, per poi scoprire che l’iter notificatorio non poteva considerarsi regolarmente perfezionato?
E’ la strana situazione conseguente alla c.d. digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, con il paradossale problema delle notificazioni degli atti con posta elettronica certificata ad una P.A.
Ebbene, già dal 2012 vi era l’obiettivo di rendere fruibile un indirizzario unico delle PEC, appartenenti a ciascuna Amministrazione, finalizzato esclusivamente alle notificazioni di atti giudiziari. Ai sensi dell’art. 3-bis della L. 21.01.1994 n. 53 “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi” ed il Decreto Legge n. 179 del 18.10.2012 definisce quali debbano considerarsi pubblici elenchi ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale dal 15 dicembre 2013, ovvero il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) ed il Registro Generale delle Pubbliche Amministrazioni tenuto dal Ministero della Giustizia, con la scomparsa (dall’11 agosto 2014, data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 90/2014), dal novero dei pubblici elenchi dell’IPA, essendo stato stralciato il rinvio al co. 8 del D.L. n. 185/2008 che ne aveva previsto l’istituzione.
Di fatti, all’articolo 16 co. 12, il medesimo Decreto Legge n. 179/2012 prevede che “Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche […] comunicano al Ministero della Giustizia […] entro il 30 novembre 2014 l’indirizzo di posta elettronica certificata […] a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della Giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”.
Il problema è che questo Registro è quasi vuoto, le Amministrazioni nella quasi totalità disattendono l’obbligo di comunicare la PEC da inserirvi, pertanto i soggetti abilitati non possono eseguire le notifiche telematiche, dovendo ricorrere alla tradizionale attività notificatoria cartacea (!).
Solo pochi mesi fa risultavano iscritte al predetto registro appena 865 Pubbliche Amministrazioni, di cui 529 avevano indicato la PEC (il 61%): il confronto con i dati dell’indice IPA è impietoso dal momento che – stando ad essi – le P.A. italiane sono ben più di 22.000. Ciò significa che, fino allo scorso anno, soltanto il 2,4% circa delle Amministrazioni Pubbliche aveva adempiuto al proprio dovere di comunicare la PEC da includere nel Registro.
Ciononostante per molti Giudici le Amministrazioni sono esenti da colpe e, non essendo l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) considerabile pubblico elenco ai fini della valida notificazione di atti via pec, sono nulle (con rilevabilità d’ufficio) – e possono essere rinnovate senza autorizzazione del giudice – le notificazioni in via telematica ad una P.A. il cui indirizzo di posta certificata non sia inserito all’interno del ReGInde o di quello delle Pubbliche Amministrazioni tenuto dal Ministero della Giustizia (Cassazione Civile, ord. 09/06/2017 n. 14523; Tribunale Palermo, decr. 17/07/2017; Tar Basilicata, Sent. 21/09/2017 n. 607).
Più illuminata, senza ombra di dubbio, e da sottoporre all’attenzione dei Giudicanti, la pronuncia del Tribunale di Milano (ordinanza del 08/12/2016), alla cui stregua: “se imperativa ed esclusiva è la prescrizione di utilizzare un pubblico registro, non “esclusiva” è invece la elencazione dei pubblici registri, che deve ritenersi essere fondata più sul carattere della pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto, per sua dichiarazione, che su una elencazione tassativa. La indicazione nel IPA, questo sì di carattere pubblico, è di fatti operata dalla P.A. che deve aver previamente aperto la casella e che con la pubblicazione ne assume la riferibilità. Il principio da affermarsi è quindi quello della responsabilità del recapito al momento della apertura della casella presso il provider e del conferimento di rilevanza pubblica mediante indicazione pubblicamente conoscibile; ciò risponde ad un principio di parità delle parti, perché altrimenti opinando si giungerebbe ad affermare che mentre il privato quando indica una casella PEC deve tenersi responsabile di quella domiciliazione informatica, il pubblico sarebbe libero di aprirne una da indicare nel registro comunicato al Ministero della Giustizia e indicarne altre a differenti fini, creando confusione, quindi difficoltà, alla controparte che debba notificare. […] Il legislatore del 2014 sarebbe stato un legislatore strabico se, nell’estendere la conoscibilità del registro PA del comma 12 art. 16 dl 179/2012 agli avvocati all’evidente fine di consentire a costoro di servirsene per le notifiche in proprio, avesse poi vincolato ad utilizzare un registro “pubblico” di incerta, incoercibile e tuttora parziale formazione, la cui previsione aveva il dichiarato fine di “favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni” e non di ostacolarle. Da questi principi deriva la utilizzabilità degli indirizzi IPA.”