Procreazione medicalmente assistita: la Consulta boccia le coppie gay
Con la sentenza n. 221/2019, depositata il 23 ottobre 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le eccezioni di costituzionalità sollevate nei ricorsi avanzati da due Tribunali (Pordenone e Bolzano), per contestare il rifiuto di due Asl di praticare a due coppie gay (lesbiche) la procedura della procreazione medicalmente assistita.
La Consulta, anche attraverso l’analisi di precedente giurisprudenza, ha respinto entrambi i ricorsi (giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 4, 5 e 12, commi 2, 9 e 10 della legge 19 febbraio 2004, n. 40) ritenendo che la libertà di diventare genitori non può considerarsi illimitata giacché la stessa deve essere bilanciata con altri diritti costituzionalmente protetti.
Invero, l’art. 5 della legge n. 40/2004 dispone che: “Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assitita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta’ potenzialmente fertile, entrambi viventi”. Inoltre il comma 2 dell’art. 12 della stessa legge stabilisce che “Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell’articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.”
Dall’art 5 della legge, secondo la Corte Costituzionale, appare chiaro come l’intento del legislatore sia quello di limitare tale tecnica al modello di famiglia tradizionale, formato da una madre e da un padre. Disposizione il cui contenuto è rafforzato da quella di natura sanzionatoria innanzi richiamato.
La Consulta ha aggiunto che:”le tecniche di procreazione medicalmente assistita, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Costituzione, suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico”.